Il professor Tito Boeri (fRDB) è stato audito presso la XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati il 27 maggio 2021, nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro. Nel corso dell’intervento, il professor Boeri ha ribadito che ci sono cinque caratteristiche della crisi che la rendono diversa dalle altre:
- La doppia vulnerabilità. Nella crisi si sono sovrapposte la dimensione sanitaria e quella economica. Le famiglie e le comunità più fragili nelle regioni maggiormente investite dalla pandemia hanno pagato lo scotto due volte: con tassi di mortalità più elevati della media e con perdite di reddito più forti degli altri.
- Non ci ha dato tempo per prepararci. Normalmente l’impatto occupazionale di una crisi si manifesta gradualmente. Ci vuole del tempo prima che la crisi si faccia sentire sulle famiglie. In questa crisi da un giorno all’altro interi rami d’attività hanno cessato d’operare lasciando senza lavoro (e spesso senza reddito) milioni di persone.
- Si è accanita contro chi non aveva ammortizzatori sociali. A restare senza lavoro sono stati molto più che in passate recessioni i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i lavoratori delle piccole imprese, tutte persone poco protette dal nostro sistema di ammortizzatori sociali. Di qui la necessità di introdurre nuovi trasferimenti ad hoc, del tutto inediti.
- E’ stata una crisi contro le donne. Ha colpito più le donne degli uomini e non solo perché ha coinvolto settori come il turismo, con predominante presenza femminile e persone con contratti a tempo determinato (nel commercio al dettaglio le donne sono la maggioranza dei lavoratori temporanei), ma anche perché ha scaricato sulle donne l’onere della cura dei figli. Abbiamo avuto studenti senza scuola e donne senza lavoro.
- Ha ulteriormente ridotto la mobilità sociale. Per lungo tempo è stato bloccato il principale ascensore sociale, la scuola, facendo accumulare a chi era già in condizione di difficoltà ritardi formativi che sarà molto difficile colmare. Inoltre, è di molto aumentato il lavoro in remoto senza che si potesse per tempo attrezzare chi non aveva condizioni abitative adeguate a trasformare la propria abitazione (o una postazione vicina a casa) in luogo di lavoro. E anche questo aumenta la disuguaglianza delle opportunità.
Per andare al di là di questi rilievi qualitativi, per quantificare queste nuove disuguaglianze e, quindi, per sapere di cosa abbiamo bisogno per ridurle, abbiamo bisogno di dati, soprattutto di incroci di banche dati disponibili presso diverse amministrazioni pubbliche. I dati in Italia vengono usati ancora troppo poco nel guidare la politica economica. Spesso si prendono decisioni “a intuito”, sulla base di ragionamenti privi di riscontri empirici. Un esempio di queste decisioni a intuito è quello sulla chiusura delle scuole durante la pandemia, una decisione spesso presa senza avere alcun dato a disposizione sulla diffusione dei contagi associata alla riapertura delle scuole. Tutto questo va solo a discapito della bontà delle decisioni prese. In altri paesi a noi vicini, invece, la cultura del dato permette ai politici e alle istituzioni di assolvere in maniera migliore al loro compito.
Qui il video completo dell’intervento. Sotto il tasto per il download della memoria depositata presso la Camera dei Deputati.
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